Cenni di anatomia e fisiologia dell’orecchio


Il suono

Il suono è una forma di energia meccanica vibratoria che viene generata da un corpo posto in vibrazione.
Le vibrazioni prodotte si trasferiscono, per contiguità, alle molecole d’aria circostanti con un meccanismo di propagazione della vibrazione.
Il suono quindi si può rappresentare come un’onda sinusoidale, detta onda pressoria, che schematizza la compressione e la decompressione delle molecole d’aria.
Il numero di cicli delle onde nell’unità di tempo è la frequenza e viene espressa in Hertz.
L’orecchio umano è in grado di percepire le frequenze comprese tra i 20 ed i 15000 Hz anche se, nella routine quotidiana, il campo frequenziale interessa le frequenze che vanno dai 125 agli 8000 Hz ed in questo range, la voce parlata rientra tra i 400 e i 3000 Hz.
Un’altra caratteristica del suono è l’intensità; essa differenzia un suono debole da uno intenso e corrisponde all’ampiezza dell’onda sinusoidale.
Essendo l’onda sonora una variazione di pressione, la sua ampiezza viene misurata in Pascal.
Se si considera però che il suono più forte percepibile dall’uomo è miliardi di volte più grande di quello più piccolo, si intuisce che l’utilizzo dei Pascal risulta poco pratico al fine di descrivere l’intero range dell’udibile; di qui la necessità di una scala di valori più maneggevole: ecco quindi che è stato introdotto il decibel come unità di misura dell’intensità sonora.
Il decibel è una grandezza logaritmica che “aumenta” secondo regole particolari: esiste un valore considerato di riferimento che rappresenta gli 0 decibel e, per passare da esso ad un suono di 1 dB, l’intensità della pressione dovrà aumentare di 10 volte ed ogni ulteriore incremento di 1 dB significherà un aumento di 10 volte della pressione sonora.
Se però passare da 0 dB ad 1 dB equivale a passare, per così dire, da 1 a 10 in termini di pressione sonora, passare da 1 dB a 2 dB equivale a passare da 10 a 100, da 2 dB a 3 dB da 100 a 1000; quindi, più si avanza nella scala dei decibel, maggiore è l’incremento di energia richiesto.
Grazie a questa scala, valori elevati di pressione vengono “espressi” tramite numeri più piccoli e quindi di più pratico utilizzo.
Questa non è la sola ragione per cui vengono utilizzati i decibel in audiologia: l’orecchio umano presenta infatti un comportamento biologico logaritmico, ovvero percepisce con facilità le variazioni di volume a bassa intensità ma ha bisogno di maggiore energia per percepire differenze di volume ad elevate intensità.

Rappresentazione della percezione uditiva umana, raffigurante in ascissa la pressione sonora e in ordinata l’aumento di volume percepito. Come si nota, per basse intensità di volumi anche piccole variazioni di pressione sonora sono percepite. Ad Elevati volumi invece occorre aumentare notevolmente la pressione sonora perché il soggetto in esame avverta effettivamente una variazione di intensità.
 

I decibel che esprimono le variazioni di pressione sonora sono stati chiamati SPL (Sound Pressure Level – Livello di Pressione Sonora).
Quando però si è tentato di definire quale fosse il valore medio dell’udito di una persona normale, senza patologie otologiche, giovani ecc., si è scoperto che questo valore di dB SPL non era costante per tutte le frequenze ma la curva che rappresentava la soglia uditiva aveva un valore profondamente diverso dall’altra in base alla frequenza testata.
Queste curve in cui i soggetti testati percepivano la medesima sensazione acustica in termini di livello uditivo sono state chiamate “curve isofoniche”.

Fig. 2. Curve isofoniche che descrivono in che modo i suoni vengono percepiti avere lo stesso ‘volume’ sonoro al cambiare della loro frequenza e intensità.
 

Di conseguenza, se si volesse definire la “soglia uditiva” di un normoacusico (ovvero la minima intensità sonora per cui una persona percepisce un suono di data frequenza) ci si dovrebbe riferire ad un valore di decibel SPL diverso per ogni frequenza, procedura possibile ma poco pratica.
Si è pertanto deciso di utilizzare la minima pressione sonora udibile mediamente da una persona per ciascuna frequenza come punto di riferimento e di chiamare tale valore 0 dB HL (Hearing Level-Livello di Udito).
Per quanto detto sopra gli 0 dB HL di un suono a 1000 Hz avranno in effetti una pressione diversa dagli 0 dB HL di un suono a 2000 Hz: tale convenzione, benché non rispecchi la realtà fisica del fenomeno sonoro, risulta però di estrema praticità nella pratica audiologica quotidiana.
Ciò che infine caratterizza un suono è il timbro che è determinato dal numero di armoniche che compongono il suono stesso.
Perché sussista una percezione uditiva quindi occorrono: una sorgente che vibra, un mezzo in cui questa vibrazione possa propagarsi ed un sistema ricevente che lo possa percepire.

L’organo di senso

L’orecchio è un organo di senso accolto nell’osso temporale, formato da una squama, una piramide, un processo mastoideo e un osso timpanico.


Visione della faccia laterale del
cranio

L’osso temporale

La proiezione del padiglione
auricolare sull’osso temporale

Visione anteriore del cranio

Visione anteriore dell’osso
temporale dopo rimozione del
massiccio facciale
 

L’orecchio si suddivide in esterno, medio e interno.
L’orecchio esterno ha la funzione di convogliare passivamente l’onda sonora alla membrana timpanica e quindi all’orecchio medio, quest’ultimo ha il compito di trasferire l’energia vibratoria ai liquidi dell’orecchio interno ove avviene la trasformazione dell’energia meccanica vibratoria dell’onda sonora in impulso elettrico che, attraverso il nervo cocleare, è convogliato al sistema nervoso centrale, ove avviene la comprensione del segnale sonoro.

Orecchio esterno

L’orecchio esterno schematicamente può essere considerato come un imbuto a fondo cieco: la parte più larga dell’imbuto corrisponde al padiglione auricolare, che ha lo scopo di convogliare le onde sonore verso la sua parte più ristretta rappresentata dal condotto uditivo esterno il cui fondo è ermeticamente sigillato, in condizioni normali, dalla membrana timpanica.

Il condotto funge anche da sistema risuonatore in quanto le onde sonore che hanno una lunghezza d’onda quattro volte la lunghezza del condotto vengono amplificate di circa 10-15 dB sulla frequenza media di circa 2.7 kHz; è intuitivo immaginare che questa frequenza di risonanza possa avere una grande variabilità a secondo delle dimensioni e della lunghezza del condotto.

Rappresentazione schematica dell’orecchio destro

Il fondo del condotto uditivo esterno, la membrana timpanica (destra)

 

L’orecchio esterno dal punto di vista anatomico è formato dal padiglione auricolare e dal condotto uditivo esterno; il punto di passaggio tra i due è il meato acustico esterno.
A sua volta, il condotto uditivo esterno, diretto medialmente ed in avanti, è formato da una parte esterna cartilaginea ed una interna ossea.
Queste due porzioni hanno tra di loro un’inclinazione di circa 30°, per cui una trazione verso l’alto e verso l’indietro del padiglione auricolare sposta la parte cartilaginea del condotto uditivo esterno allineando i due tratti (cartilagineo e osseo), facendone così scomparire l’angolazione.
Questa manovra permette all’osservatore di visualizzare per intero il condotto uditivo esterno e, cosa ancor più importante, il suo fondo e cioè la membrana timpanica.
Anche la parte ossea del condotto uditivo esterno è a sua volta divisa in due porzioni: una superiore formata dall’osso temporale ed una inferiore dall’osso timpanico che insieme completano il condotto osseo.

Visione laterale del temporale (in verde l’osso timpanico) di destra

Visione dal basso del temporale (in verde l’osso timpanico) di destra

 

Tra il meato acustico esterno ed il condotto osseo vi è una cute ricca di peli e di ghiandole che producono una sostanza giallognola e densa chiamata cerume che ha lo scopo di proteggere la sottile e delicata cute del condotto uditivo esterno; il microclima caldo umido, infatti, è un eccellente ambiente per la crescita di patogeni di ogni tipo; è per tale motivo che il film di cerume che ne riveste la parete è di grande utilità per la protezione della cute.

Il condotto uditivo esterno con i peli e, al suo fondo,
la membrana timpanica (orecchio destro)
 

Orecchio medio

L’orecchio medio schematicamente può essere rappresentato come un cubo (cassa timpanica) con due propaggini collegate ad esso: una anteriore, la tuba, ed una posteriore, la mastoide.
Il cubo, cioè la cassa timpanica, consta di una parte esterna verso il padiglione auricolare che per la maggior parte è formata dalla membrana timpanica, una interna che è rappresentata dal labirinto osseo, una posteriore che dà accesso alla mastoide e una anteriore nella quale si apre la tuba, che mette in comunicazione l’orecchio medio con il rinofaringe ed è in rapporto con la carotide interna.
La parete superiore separa la cassa timpanica dal lobo temporale del cervello, la parete inferiore è il pavimento della cassa timpanica e, tramite questa, è in rapporto con il golfo della vena giugulare.
La funzione principale dell’orecchio medio è quella di trasferire e amplificare, mediante un sistema di leve, l’energia vibratoria del suono da un mezzo aereo, l’aria, ai liquidi dell’orecchio interno, agendo quindi come accoppiatore di impedenza.

Ruolo della tuba

All’interno della cassa timpanica, in condizioni normali, ci deve essere solo aria con una caratteristica particolare: la pressione all’interno e quella all’esterno, cioè al di là della membrana timpanica deve essere simile.
La tuba serve innanzitutto (ma non solo) a uguagliare la pressione dell’aria ai due versanti della membrana timpanica (MT).
In realtà la tuba ha un ruolo importante nel mantenere una normale pressione nell’orecchio medio ma non decisivo; lo scambio gassoso che avviene attraverso i vasi arteriosi e venosi della mucosa dell’orecchio medio e della mastoide garantisce, infatti, la maggior parte dell’omeostasi pressoria dell’orecchio medio; si comprende che qualsiasi elemento che alteri la normalità dello stato della mucosa (vedi ad esempio l’otite effusiva) può potenzialmente essere responsabile di gravi alterazioni pressorie nell’orecchio medio.
Il cubo è formato da osso incomprimibile in quattro pareti su sei; le altre due pareti sono formate da strutture “cedevoli”; l’una, la MT, ha una struttura cedevole passiva mentre l’altra, la tuba, ha una struttura cedevole attiva nel senso che la sua cedevolezza è comandata da strutture muscolari, tendinee e nervose.

La comunicazione tra l’orecchio medio e la cavità nasale (la tuba)
 

La trasmissione del suono

A livello della cassa timpanica non possiamo più parlare di convogliamento del suono ma dobbiamo usare il termine “trasmissione”, poiché entrano in gioco strutture ossee, ligamentose, muscolari, nervose tutte atte a trasferire ed amplificare l’energia vibratoria del suono ai liquidi labirintici dell’orecchio interno mediante un sistema di leve.
E’ questo, infatti, il compito del sistema timpano-ossiculare che comprende la membrana timpanica e i tre ossicini: martello, incudine, staffa.

La membrana timpanica

MT(orecchio destro)
 

E’ una struttura ellittica di circa 1 cm di diametro formata in sezione da tre strati:
•        esterno cutaneo, che è la continuazione della cute del condotto uditivo esterno;
•        interno mucoso;
•        intermedio fibroso che rappresenta la componente più importante in quanto conferisce struttura e sostegno alla MT stessa.
All’interno di questi tre strati è accolto il manico del martello, cioè il primo dei tre ossicini, di conseguenza ad ogni movimento della membrana timpanica corrisponderà un identico movimento del martello.

Rappresentazione schematica di una sezione della membrana timpanica; si noti una sezione del manico del martello accolta nella compagine della MT
 

Il sistema ossiculare

E’ formato dai tre ossicini: martello, incudine e staffa.

Il martello è formato da un manico un collo e una testa. Si articola con il secondo dei tre ossicini, l’incudine, formata a sua volta da un corpo, una faccetta articolare per la testa del martello, un processo breve ed un processo lungo; quest’ultimo ha una estremità chiamata processo lenticolare che si articola con il terzo dei tre ossicini, la staffa, e precisamente con il suo capitello.
La staffa infine è formata da una platina, una crus anteriore, una crus posteriore e un capitello, appunto.
I tre ossicini sono intimamente connessi l’uno all’altro; essendo il manico del martello inserito tenacemente all’interno della membrana timpanica ne deriva che, ad ogni movimento della membrana timpanica corrisponde un movimento analogo del martello quindi dell’incudine ed infine della staffa; tutto il complesso membrana timpanica-ossicini è chiamato sistema timpano-ossiculare (STO).
Si comprende quindi che la cassa timpanica è un ambiente che deve accogliere i tre ossicini in modo che il suono passi da un estremo, la membrana timpanica, all’altro e cioè la staffa.

Visione della faccia laterale del
cranio

Visione della faccia laterale del
cranio

Visione della faccia laterale del
cranio

Visione della faccia laterale del
cranio

 

I tre ossicini sono ancorati e sospesi alle pareti ossee da numerosi legamenti e da due muscoli.
I muscoli che s’inseriscono sulla catena ossiculare sono il muscolo stapedio e il tensore del timpano.
Il muscolo stapedio è il più piccolo del corpo umano ed è accolto all’interno di un canalino della parete posteriore della cassa timpanica proprio davanti al nervo facciale dal quale è separato da una piccola laminetta ossea; questo canalino osseo emerge all’interno della cassa timpanica mediante una piccola protuberanza chiamata eminenza piramidale dalla quale fuoriesce il suo tendine che va a inserirsi sul capitello della staffa. Il muscolo stapedio è innervato da un piccolo ramo del nervo facciale.

Un piccolo nervo sensitivo, la corda del timpano, che veicola la sensibilità gustativa dei due terzi anteriori dell’emilingua, dopo avere attraversato la cassa timpanica penetra nella sua parete posteriore sino a unirsi con il tratto verticale del nervo facciale.


Orecchio interno

L’orecchio interno è un altro punto cruciale della via acustica e precisamente è il punto ove avviene la trasformazione dell’energia del suono da meccanica vibratoria a impulso elettrico.
L’orecchio interno è formato da un labirinto posteriore ed uno anteriore.
Il labirinto posteriore (vestibolo e canali semicircolari) è finalizzato al corretto mantenimento dell’equilibrio, il labirinto anteriore (coclea) alla generazione dell’impulso sonoro.

Sezione dell’orecchio esterno e membrana timpanica (giallo),
orecchio medio e tuba (rosso), labirinto osseo (arancione) e membranoso
(azzurro) in un orecchio destro

I rapporti del labirinto osseo (in arancione) con l’orecchio
medio (orecchio destro)

 

L’orecchio interno è formato da un guscio chiamato labirinto osseo che è immerso a suo volta nell’osso della piramide del temporale; al suo interno è presente un liquido chiamato perilinfa nel quale è immerso un più piccolo labirinto detto labirinto membranoso che grossolanamente ne ricalca la forma.

Il labirinto osseo

Il labirinto membranoso ed i rapporti con la finestra ovale e rotonda

 

Il labirinto membranoso posteriore è formato dall’utricolo, dal sacculo e dai tre canali semicircolari (superiore, laterale e posteriore), il labirinto anteriore è rappresentato dal dotto cocleare.


Coclea

Il labirinto osseo che contiene quello membranoso è formato da osso molto compatto incomprimibile (è l’osso più duro di tutto il corpo umano) e comunica con la cassa timpanica solo con due orifizi: la finestra ovale e la finestra rotonda.
La finestra rotonda è chiusa ermeticamente da una membrana cedevole detta membrana secondaria di Scarpa mentre la finestra ovale è occupata dalla platina della staffa.
Un legamento, chiamato legamento anulare, sigilla lo spazio esistente tra la platina della staffa e la finestra ovale rendendo ermetica la chiusura ma dando alla platina della staffa la possibilità di oscillare nella finestra ovale.
La coclea ossea è un cono avvolto su se stesso per due giri e mezzo; è’ formata da una parte esterna chiamata lamina dei contorni, un perno centrale detto modiolo ed una lamina spirale ossea.


Il modiolo

La lamina spirale ossea
 

Il modiolo e la lamina spirale ossea

La lamina dei contorni
 

Modiolo, lamina spirale ossea e l. dei contorni

I rapporti tra coclea ossea e membranosa
 

Coclea in sezione e rapporti con modiolo e lamina spirale ossea

Una sezione della coclea in toto
 

La lamina dei contorni è il cono che si avvolge su se stesso per due giri e mezzo; l’asse attorno al quale il cono si avvolge, è chiamato modiolo e vi sono accolte tutte le terminazioni neurali, gangliari e vascolari deputate al funzionamento dell’organo dell’udito.
Dal modiolo si emana la lamina spirale ossea ovvero un sepimento osseo incompleto che suddivide il cono osseo (la lamina dei contorni) in due rampe: una superiore, rampa vestibolare, e una inferiore, la rampa timpanica.
Tra il bordo della lamina spirale ossea e la superficie interna della lamina dei contorni s’inserisce la membrana basilare dell’organo di Corti che quindi completa la separazione tra rampa vestibolare e rampa timpanica.
Abbiamo già detto che la lamina spirale ossea è una propaggine che si emana dal modiolo ed è incompleta: è larga alla base del cono ed è stretta all’apice.
Ne deriva quindi che la membrana basilare è, al contrario, stretta alla base e larga all’apice del cono.
Le terminazioni nervose e vascolari ovviamente si diramano dal modiolo anche alla lamina spirale ossea e di qui alla membrana basilare.
Un’altra membrana è sottesa tra il margine della lamina spirale ossea e la lamina dei contorni ed è la membrana vestibolare.
In sezione quindi il dotto cocleare ha una forma triangolare ed è separato dalla scala vestibolare mediante la membrana vestibolare, quella timpanica dalla membrana basilare.
Sia la membrana basilare che la membrana vestibolare si inseriscono sulla faccia interna della lamina dei contorni per mezzo del legamento spirale.

Tra membrana vestibolare e basilare è presente un liquido chiamato endolinfa che differisce dalla perilinfa soprattutto per la differenza di concentrazione di ioni potassio, sodio e cloro e ciò rappresenta il presupposto perché avvenga la creazione di una depolarizzazione delle cellule dell’organo di Corti ivi contenute e che sono deputate alla creazione di un impulso elettrico.
Le due rampe, vestibolare e timpanica, sono quindi separate l’una rispetto all’altra se non in un punto situato all’estremità apicale della coclea, l’elicotrema.
Ogni movimento della staffa sulla finestra ovale comporterà quindi uno spostamento della perilinfa della scala vestibolare verso l’elicotrema e dall’elicotrema si svilupperà un movimento opposto di perilinfa verso la finestra rotonda.
Questo processo, è più facilmente intuibile se, a scopo esemplificativo, srotoliamo per così dire la coclea come mostrato nell’immagine seguente.

Essendo la coclea (un osso) e la perilinfa (un liquido) assolutamente incomprimibili occorre un punto di cedevolezza perché la staffa possa muoversi nella finestra ovale e perché l’onda vibratoria della perilinfa possa generarsi e propagarsi e questo punto è la membrana secondaria di Scarpa.
Il continuo movimento di perilinfa genera un movimento sussultorio della membrana basilare e quindi dell’organo di Corti (onda viaggiante) all’interno del quale è presente l’endolinfa.
Quindi in teoria è possibile stimolare l’organo di corti sia con un movimento (quello naturale) platina→perilinfa della scala vestibolare→elicotrema→perilinfa della scala timpanica→membrana secondaria di Scarpa ma anche a ritroso come vedremo in seguito.


La finestra rotonda

Ci preme, a questo punto fare una nota anatomica sulla finestra rotonda poiché rappresenta un punto cruciale per la chirurgia delle protesi impiantabili e per gli impianti cocleari.
Possiamo immaginare la membrana di Scarpa come una tenda dentro una nicchia.
La nicchia ha un tetto, anatomicamente chiamato tegmen, e due pareti una a destra e l’altra a sinistra.
In un orecchio destro la parete sinistra è chiamata postis posterior mentre quella di destra postis anterior; in realtà non c’è uniformità di terminologia in quanto spesso la postis posterior è chiamata anche crista semilunaris o crista fenestrae.
In base alla sporgenza del tetto o delle pareti o di entrambi la membrana sarà più o meno nascosta e questo rende ragione della grande variabilità morfologica della finestra rotonda; in realtà non è tanto la membrana ad essere variabile in posizione bensì le pareti della nicchia.