Lo studio del paziente ipoacusico
Per effettuare lo studio del paziente ipoacusico occorre partire da due procedure: l’otoscopia e lo studio della funzione uditiva.
Otoscopia
E’ facilmente comprensibile il valore decisivo dell’otoscopia poiché solo un’ottimale condizione di benessere dell’orecchio esterno e dell’orecchio medio possono garantire un’ ottimale trasmissione dell’impulso sonoro. L’otoscopia permette di constatare lo stato del condotto uditivo esterno, della membrana timpanica e, di conseguenza di gran parte dell’orecchio medio; può essere condotta con un otoscopio a lampadina o, meglio, a fibre ottiche e spesso tale procedura è esaustiva per la comprensione delle patologie che possono colpire l’orecchio esterno e medio. In alcuni casi si ricorre all’utilizzo di strumenti endoscopici a fibre ottiche con registrazione digitale dell’immagine. L’utilizzo del microscopio non aggiunge nulla, nella fase diagnostica, a un’eccellente visualizzazione della membrana timpanica ottenuta con l’endoscopio.
Studio della funzione uditiva
Senza entrare nelle delicate e sottili descrizioni dell’audiometria, ci interessa in questa sede ,evidenziare le comuni metodiche con cui tutti i giorni l’otorinolaringoiatra deve fare i conti per la valutazione del paziente ipoacusico. Questa breve digressione serve da un lato a ribadire i concetti che sono alla base per una diagnosi audiologica e dall’altro a costituire un livello informativo di base essenziale per comprendere i temi di protesi acustiche impiantabili e non, che saranno oggetto di trattazione nei capitoli seguenti. Lo studio della funzione uditiva si avvale di tecniche audiometriche soggettive e tecniche audiometriche oggettive.
L’audiometria soggettiva consta di:
- audiometria tonale liminare che utilizza toni puri come stimoli sonori
- audiometria vocale che si avvale di stimoli di tipo verbo-vocale registrati.
L’ audiometria oggettiva si differenzia da quella soggettiva in quanto non richiede la collaborazione del paziente.
Audiometria soggettiva
Audiometria tonale liminare
Lo studio convenzionale della funzione uditiva inizia con l’audiometria tonale liminare il cui scopo è indagare la funzione uditiva di ciascun orecchio. L ’esame audiometrico tonale consta di una soglia uditiva (il livello minimo di percezione uditiva) per via aerea ed una soglia per via ossea.
La soglia tonale per via aerea è determinata applicando al paziente, in un ambiente silente (cabina audiometrica insonorizzata), apposite cuffie attraverso le quali l’audiometrista invia dei suoni (toni) all’orecchio. Per ovviare alla possibilità che i suoni inviati a un orecchio possano in realtà essere percepiti dal controlaterale, quando esiste una differenza tra i due lati, si utilizza una procedura chiamata mascheramento. Per comprendere questo concetto occorre parlare di attenuazione interaurale, con la quale si intende la mitigazione che un suono inviato a un orecchio subisce prima di essere percepito dall’altro lato (in altri termini è l’intensità che un suono inviato da un lato possa essere percepito dal lato opposto). Questa intensità è in sostanza nulla (0 dB) per la via ossea, in quanto è molto facile per il suono viaggiare attraverso le ossa del cranio e raggiungere l’orecchio contro laterale; questo perché l’osso è un mezzo più rigido dell’aria e di conseguenza trasmette più facilmente il suono. Al contrario l’attenuazione interaurale si attesta intorno ai 40 dB nella determinazione della soglia per via aerea. Per impedire questa falsificazione nell’esecuzione dell’esame audiometrico si utilizza la tecnica del mascheramento che consiste nell’inviare all’orecchio migliore del paziente un rumore di fondo; in genere si utilizza un rumore a banda stretta (NBN = Narrow Band Noise) che ha il massimo effetto mascherante sui toni puri, centrato di volta in volta sulla frequenza test. Nel caso l’audiometro non sia predisposto ad erogare questo tipo di rumore, ci si può avvalere del rumore bianco (WN= White Noise). Si chiede quindi al paziente di fornire risposte solo in merito all’orecchio in esame e di non dare alcun peso al rumore mascherante. Riassumendo, il mascheramento viene in sostanza effettuato:
- nel rilevamento della via aerea, ogni volta che vi è una differenza tra la soglia aerea dell’orecchio peggiore e la soglia ossea dell’orecchio migliore pari o superiore a quello dell’attenuazione interaurale (40-45 dB);
- nel rilevamento della soglia per via ossea ogni volta che vi è un gap via aerea/via ossea.
Sono testate normalmente le frequenze comprese tra i 125 e gli 8000 Hz e si valuta l’intensità compresa tra un campo minimo di -10 a un campo massimo di + 120 dBHL
I valori di soglia per via aerea e per via ossea vengono riportati su un grafico detto audiogramma. Sulle ascisse vengono riportate le frequenze testate (kHz) e sull’asse delle ordinate le intensità in dB HL di intensità soggettiva. Una doppia linea orizzontale nella parte alta del grafico corrisponde allo 0 dB HL audiometrico (soglia normale). Le linee sottostanti rappresentano livelli di intensità più elevati(5-10 dB HL). Tali valori vengono riportati nell’audiogramma attraverso una simbologia e colori standardizzati così descritti:
E’ comprensibile che una soglia normale per via aerea necessiti, come condizione indispensabile dell’integrità sia del sistema timpano-ossiculare, che del recettore.
La determinazione della soglia per via aerea avviene tramite metodo discendente quando si manda un suono ad un’intensità percepita dal paziente e si diminuisce l’intensità di 5 in 5 dB finché il soggetto esaminato non avverte più la sensazione sonora; l’ultimo valore in dB HL ove il soggetto ha dato una risposta viene considerata soglia per quella frequenza. Si utilizza invece il metodo ascendente quando si presenta il tono ad un’intensità elevata, si riporta l’intensità a 0 dB e la si aumenta di 5 in 5 dB finché compare una risposta. Il primo valore di intensità per il quale c’è risposta viene definita come soglia.
La determinazione della soglia per via ossea è eseguita ponendo sulla regione retroauricolare un vibratore che ha la possibilità di vibrare, e quindi emettere suoni, alle frequenze e alle intensità desiderate. In questo modo il suono si diffonde attraverso l’osso temporale direttamente all’orecchio interno bypassando tutto il sistema timpano-ossiculare. Si comprende come, almeno in linea teorica, qualora la funzione recettoriale dell’orecchio interno sia normale, anche una totale mancanza della membrana timpanica, del martello e dell’incudine non pregiudicherebbe una normale soglia per via ossea. Generalmente si testano le stesse frequenze della via aerea secondo le medesime modalità utilizzate per la via aerea (metodo discendente o ascendente); il campo tonale esplorabile per via ossea è più ristretto (dai 250 ai 4000Hz), poiché la frequenza 125 Hz è percepita come una sensazione tattile mentre l’ 8000Hz può essere percepito per via aerea. Anche l’intensità massima erogabile è inferiore alla via aerea , dipende dalla frequenza esaminata e non supera i 65 dB HL. Occorre fare una piccola precisazione in merito alla determinazione della soglia per via ossea; in termini di affidabilità questa subisce variazioni maggiori rispetto alla via aerea, ed è potenzialmente fonte di errori diagnostici e quindi terapeutici. La determinazione della soglia per via ossea, infatti, è subordinata al posizionamento di un vibratore nella regione mastoidea ma, sia lo spessore della cute retro auricolare, sia la pressione con la quale tale vibratore viene appoggiato alla mastoide influenzerà in modo anche considerevole la sua attendibilità.
Dal punto di vista audiometrico la funzione uditiva si classifica in:
- Normoacusia quando sia la via aerea sia la ossea sono normali;
- Ipoacusia trasmissiva quando la via ossea (e quindi la funzione recettoriale della coclea) è normale, ma è deficitaria la funzione di trasmissione del suono da parte del sistema timpano-ossiculare;
- Ipoacusia percettiva in cui non vi è alterazione della funzione trasmissiva del sistema timpano-ossiculare, ma il recettore è, a vari gradi, deficitario;
- Ipoacusia mista in cui è presente un deficit sia del recettore, sia del sistema di trasmissione del suono;
Un altro elemento di fondamentale importanza nella diagnosi delle ipoacusie e nel trattamento protesico è
l’entità dell’ipoacusia che viene classificata in:
- Normoacusia: soglia < 20 dB
- ipoacusia lieve: soglia tra 21 e 40 dB
- ipoacusia di media entità: soglia tra 41 e 55 dB
- ipoacusia di medio-grave entità: soglia tra 56 e 70 dB
- ipoacusia grave: soglia tra 71 e 90 dB
- ipoacusia profonda soglia > 90 dB
- Anacusia: perdita completa monolaterale dell’udito
- Cofosi: perdita completa bilaterale dell’udito
Altro elemento importante al fine di classificare il tipo di ipoacusia è il campo frequenziale per il quale sussiste una perdita uditiva che si può manifestare sulle frequenze gravi (125, 250 Hz), centrali (1000-2000 Hz), acute (4000-8000 Hz) oppure pantonale (tutte le frequenze). Una curva audiometrica, infatti, può in estremo essere normale ad esempio sulle frequenze gravi e profonda per le medio-acute. In sintesi l’esame audiometrico tonale dovrebbe permettere di ottenere informazioni precise in merito all’entità della perdita uditiva e alla sede del danno, che può essere a carico del sistema di trasmissione del suono; del recettore (coclea) o di entrambi.
Audiometria vocale
Si parla di audiometria vocale quando, mediante cuffie vibratore o altoparlanti, vengono inviati al paziente stimoli sonori verbo vocali, anziché toni puri (come invece accade in audiometria tonale). Affinché le curve ottenute da soggetti diversi possano essere confrontate, è necessario che il materiale verbale somministrato ai pazienti sia standardizzato. Il materiale utilizzabile in audiometria vocale può essere di vario tipo: fonemi, logotomi, parole, frasi. Abitualmente le più utilizzate in tutti i Paesi sono le parole mono o bisillabiche. Nella lingua italiana si utilizzano parole bisillabiche elaborate da Bocca e Pellegrini nel 1950 . Il materiale utilizzato è foneticamente bilanciato, noto alla totalità della popolazione per ridurre la variabilità di identificazione legata al livello culturale dell’esaminato. Mediante questo tipo di audiometria viene testata, non solo la capacità funzionale dell’orecchio, ma anche la capacità del paziente di comprendere stimoli sonori rappresentati dal linguaggio verbale. L’audiometria vocale rappresenta quindi, una possibilità di analisi, sia della funzione recettoriale dell’organo del Corti, che di tutto il sistema nervoso centrale, dalle vie uditive alla corteccia cerebrale. Può essere eseguita in cabina silente , in campo libero, con o senza competizione; ossia introducendo o meno nell’ambiente un rumore mascherante (audiometria vocale sensibilizzata). Questo tipo di audiometria può rivelare informazioni importanti di sofferenza delle strutture acustiche centrali. L’audiometria vocale è quindi particolarmente utile per lo studio della capacità discriminativa del sistema uditivo (sordità centrali), nella valutazione del risultato protesico, nello studio della funzionalità uditiva prima e dopo chirurgia funzionale.
Un tracciato di audiometria vocale ha in ordinata la percentuale di parole correttamente udite ed in ascissa l’intensità, espressa in dB, alla quale le suddette parole vengono presentate al paziente.
In una curva di audiometria vocale detta curva di articolazione, distinguiamo tre livelli d’intensità mediante i quali si possono differenziare i vari tracciati tra di loro:
- soglia di detezione che corrisponde al punto in cui la curva audiometrica si stacca dallo 0% di identificazione delle parole
- soglia di percezione che corrisponde all’intersezione della curva con la linea del 50% di identificazione delle parole
- soglia di intellezione che corrisponde all’intensità alla quale la curva raggiunge il 100% di identificazione delle parole
Rispetto ad una curva di audiometria vocale normale, quelle patologiche differiscono da questa per:
- morfologia cioè la variazione rispetto alla classica forma a S italica
- inclinazione cioè la pendenza della curva rispetto al normale
- deriva cioè lo spostamento della curva verso la destra del tracciato
Le possibili tipologie di curva possono quindi essere:
- Curva raddrizzata: in cui la curva è più rettilinea rispetto alla forma a S italica; di frequente riscontro nelle ipoacusie trasmissive con perdita prevalente sulle frequenze gravi (otosclerosi).
- Curva parallela: forma analoga al normale ma con deriva verso destra più o meno evidente a seconda dell’entità dell’ipoacusia. Tale curva è di frequente riscontro nelle ipoacusie trasmissive pantonali.
- Curva obliqua: è una curva con deriva e variazione di pendenza più o meno marcata a seconda dell’entità dell’ipoacusia ed esprime una maggiore difficoltà del paziente di raggiungere il 100% della comprensione delle parole. Tale curva è indice di lieve distorsione delle parole ad intensità elevate e quindi di ipoacusia con recruitment incompleto.
- Curva a plateau: è molto obliqua e non raggiunge mai il 100% (soglia di intellezione) della comprensione delle parole neppure ad elevata intensità ad un certo livello di intensità la curva diventa orizzontale, ad indicare fenomeni di distorsione. E’ di frequente riscontro nelle ipoacusie di tipo percettivo cocleare con marcato recruitment.
- Curva a cupola: simile alla precedente, ma alle alte intensità ridiscende verso il basso, indice evidente di distorsione da recruitment.
- Curva con “roll-over”: presenta una notevole inclinazione, un breve plateau a livelli non superiori al 50-60% di identificazione e da una rapida caduta che può arrivare al livello 0% quindi, aumentando l’intensità della pressione sonora, la % di comprensione delle parole anziché migliorare, peggiora; questa curva è suggestiva di forte distorsione o di problemi di conduzione neurale come accade nelle neoplasie del nervo acustico.
Audiometria vocale con competizione
Nella pratica clinica sempre più frequentemente viene eseguita l’audiometria vocale in campo libero “in competizione” ovvero inviando al soggetto, oltre al materiale verbale da ripetere (parole, frasi o logotomi), anche materiale di disturbo che renda più difficile la loro comprensione. Tale materiale di disturbo può essere costituito da:
- rumori analoghi a quelli usati nel mascheramento dell’audiometria tonale (rumore bianco continuo; rumore bianco modulato; rumore rosa continuo; rumore rosa modulato);
- rumori analoghi a quelli di ambienti di vita reali, come quelli di un bar, di un ristorante o del traffico cittadino. Tali rumori sono definiti “cocktail party”. Un altro segnale vocale competitivo utilizzato può essere il discorso continuo ad una o a più voci. La competizione con stimoli verbali è efficace nel sensibilizzare le prove in quanto, oltre a creare un effetto di mascheramento periferico, crea un mascheramento di tipo psichico che distrae il soggetto dal messaggio primario.
In questi casi il test audiometrico non dipende più solo dall’intensità cui è presentato il segnale di interesse, ma anche da quello a cui viene presentato il segnale “di disturbo” e precisamente dalla differenza fra i due. Questa differenza è chiamata “rapporto segnale rumore” (SNR dall’inglese Signal to Noise Ratio). Se il segnale fosse per esempio a 65 dB e il rumore a 55 dB il SNR sarebbe di 65-55= 10 dB. Nel caso contrario invece (segnale a 55 dB e rumore a 65 dB) sarebbe di -10 dB. All’atto pratico si decide solitamente di tenere fisso il volume del segnale e di variare quello del rumore.
Il valore aggiunto di questo test rispetto a un’audiometria vocale in condizioni di quiete è duplice:
- Da un lato permette la valutazione della capacità del soggetto di separare informazione utile (segnale) da disturbi (rumore), oltre poi di comprenderla.
- Dall’altro (ed è l’applicazione pratica più utile) permette una valutazione raffinata dei risultati protesici (protesi acustiche tradizionali, impiantabili, impianti cocleari, etc.) confrontati con valori di riferimento.
Audiometria oggettiva
L’audiometria oggettiva consta di:
1. impedenzometria che a sua volta comprende:
- Timpanometria e funzionalità tubarica
- studio del riflesso cocleo-stapediale
2. audiometria a risposte evocate (E.R.A.= Evoked Responses Audiometry) che a sua volta comprende:
- elettrococleografia (ECochG)
- potenziali evocati uditivi del tronco (ABR)
- potenziali evocati uditivi encefalici a lunga latenza (SVR)
3. Otoemissioni acustiche
- TEOAEѕ
- DPOAEѕ
Impedenzometria
L’impedenzometro è costituito da una sonda che occlude il condotto uditivo esterno in modo ermetico mediante un’apposita oliva in materiale gommoso. All’interno della sonda ci sono tre piccoli tubicini: uno veicola un tono, generalmente di 220 Hz, un altro è collegato ad una pompa che insuffla o sottrae aria (ovviamente il sistema è ermetico solo in assenza di perforazioni della membrana timpanica), il terzo tubicino è collegato ad un microfono che registra l’energia riflessa dal sistema timpano-ossiculare che è stato messo in vibrazione dal tono sonda. L’altoparlante nell’orecchio controlaterale a dove è stata posizionata la sonda serve per lo studio del riflesso stapediale (vedi dopo).
Attraverso l’impedenzometria si può determinare:
- compliance assoluta o statica (poco utilizzata nella routine clinica);
- timpanometria
- valutazione dei riflessi stapediali.
Timpanometria:
Per timpanometria si intende la misurazione in termini “elasticità” del sistema timpano- ossiculare in seguito alle variazioni della pressione aerea indotte artificialmente dalla pompa dello strumento. E’ di importante utilità nel fornire informazioni sulla funzionalità tubarica, sulla motilità del sistema timpano ossiculare e sul valore della pressione endotimpanica. L’esame normale consta di una curva che presenta un picco corrispondente alla massima “cedevolezza” del sistema timpano-ossiculare. Si comprende che qualsiasi alterazione dello stato pressorio della cassa timpanica, in termini di versamento o di deficit tubarico, determina una alterazione della sopracitata “cedevolezza” del sistema timpano-ossiculare, che verrà registrata e quantificata dall’apparecchiatura.
Nell’interpretazione dei tracciati timpanometrici si valuta innanzitutto dove si posiziona il picco del grafico ottenuto, unitamente all’ampiezza e alla forma della curva. Utilizzando toni sonda di 220 o 660Hz possiamo rilevare 5 tipi di timpanogramma:
- di tipo A: che presenta un picco ben rappresentato. Ciò si realizza quando la pressione aerea nel condotto uditivo esterno eguaglia la pressione aerea nell’orecchio medio (indicata nell’asse orizzontale dei timpanogrammi con un valore di pressione relativa compreso tra i – 50 ed i +50 mm H₂);
- di tipo C: il picco di massima compliance si sposta verso i valori di pressione negativa (tra i – 150 e – 400 mm H₂) indice di presenza di una pressione nella cassa del timpano inferiore a quella atmosferica (disfunzione tubarica);
- di tipo B (o piatto): in questo tipo di tracciato non presenta alcun picco; è ciò che si verifica ad esempio in caso di versamento endotimpanico massivo.
- di tipo D: caratterizzato da un andamento a W
- di tipo E: caratterizzato da un andamento a forma di “gobba di cammello”; spesso questi due ultimi tracciati sono indicativi di alterazioni della membrana timpanica, cicatrici, interruzioni della catena ossiculare, esiti di timpanoplastica, miringoplastica e ossiculoplastica. Essi si possono ottenere solo con un tono sonda di frequenza elevata (generalmente il 660Hz).
Le curve timpanometriche con picco a valori pressori normali ma con compliance ridotta depongono per un aumento di rigidità presenti nei quadri di otosclerosi avanzata, mentre quelli con compliance molto elevata possono essere associati ad una dislocazione o interruzione della catena ossiculare. Foto grafico
Lo studio del riflesso stapediale
La registrazione del riflesso stapediale indotta da un suono di elevata intensità è possibile perché la contrazione del muscolo stapedio comporta un irrigidimento del sistema timpano-ossiculare registrabile dall’apparecchiatura. I presupposti per evocare il riflesso stapediale sono:
- muscolo stapedio normale da entrambi i lati
- nervo acustico normale (orecchio stimolato)
- nervo facciale normale bilateralmente
- tronco cerebrale (bulbo-pontino) normale
- orecchio medio bilateralmente normale con soglia uditiva migliore di 80dB HL ( orecchio stimolato)
Abbiamo in precedenza affermato che il muscolo stapedio è innervato da un ramo del nervo facciale; la contrazione del muscolo avviene grazie ad un passaggio di stimoli elettrici in varie stazioni del SNC (c.d. arco riflesso). E’ un riflesso
indotto da uno stimolo sonoro a elevata intensità che può essere omolaterale allo stimolo o controlaterale. Il complesso dei nuclei olivari superiore è la stazione ponte tra i nuclei cocleari e nucleo motore del nervo facciale, da cui partono le fibre che innervano il muscolo stapedio. Le caratteristiche che assumono un valore clinico nella presentazione del riflesso sono: la presenza o meno del riflesso, la soglia, l’ampiezza, la durata, la morfologia e la latenza.
Nei soggetti normoacusici la soglia del riflesso stapediale controlaterale per toni puri, registrata attraverso la sonda impedenzometrica, è compresa tra 75 e 95 dB HL al di sopra della soglia audiometrica per le frequenze da 500 a 4000 Hz, mentre è più alta per il riflesso ipsilaterale. E’ da notare tuttavia che la presenza del riflesso stapediale normale può manifestarsi, grazie al fenomeno del recruitment, anche in presenza di ipoacusia neurosensoriale conseguente ad una lesione a sede cocleare di entità media con soglia tonale non superiore a 70-80 dB HL. Lo studio del riflesso stapediale riveste un ruolo primario nello studio audiologico in quanto vi sono numerose condizioni patologiche che possono alterarne le caratteristiche.
Lo studio del riflesso stapediale si utilizza nella pratica clinica per:
- la valutazione del sistema timpano-ossiculare: fissità stapedo-ovalare, interruzione catena ossiculare, insufficienza tubarica, versamento endotimpanico;
- per lo studio delle vie nervose uditive;
- nei casi di lesione intra-assiale del tronco encefalo:
- nello studio delle lesioni del nervo acustico;
- per indagini sul nervo facciale;
- nello screening neonatale;
- nella protesizzazione acustica: la soglia del riflesso stapediale corrisponde in linea di massima alla soglia del fastidio, pertanto in fase di adattamento l’amplificazione della protesi acustica non dovrà mai superare la soglia del fastidio altrimenti la protesi diventerebbe inaccettabile.
E’ facilmente intuibile come, nella pratica clinica, lo studio della reflessologia stapediale abbia perso gran parte del suo valore diagnostico nelle indagini neurologiche e nello screening neonatale; soprattutto per l’attuale disponibilità di strumenti diagnostici otoneurologici (come la risonanza magnetica nucleare) che hanno dato prova di assoluta affidabilità e precisione. Rimane comunque indispensabile nella valutazione del sistema timpano-ossiculare, e nella protesizzazione acustica.
Potenziali evocati uditivi
Per “potenziale evocato uditivo” si intende la risposta bioelettrica del sistema nervoso delle vie uditive che si ottiene a seguito di una stimolazione da parte di un impulso sonoro.
Gli impulsi bioelettrici partono dalla coclea, ove avviene la trasduzione meccano-elettrica del suono, percorrono il nervo uditivo (VIII n.c.) e giungono ai nuclei cocleari ventrali e dorsali. A questo livello partono delle fibre uditive che raggiungono il corpo trapezoide e l’oliva superiore controlaterale. Da qui le fibre nervose, percorrendo il lemnisco laterale, si portano al nucleo del lemnisco laterale terminando nel collicolo inferiore. Dal collicolo inferiore le fibre nervose pervengono al corpo genicolato mediale e, successivamente, all’area corticale primaria situata nel lobo temporale superficiale.
Il potenziale che l’apparecchiatura è in grado di registrare dipende, in ultima analisi, dalla “somma” dei potenziali delle singole cellule neurali o gruppi di cellule. Questi gruppi di cellule, quando stimolate in modo adeguato, emettono un segnale elettrico che dipende sia dalle caratteristiche intrinseche delle cellule ( tipo, loro disposizione nello spazio, sincronia o meno con cui si eccitano), sia dal tipo di stimolo.
I potenziali evocati uditivi possono essere rilevati mediante tecniche a campo vicino (near field) o a campo lontano (far field) in base alla distanza fra elettrodo registrante e generatore del potenziale bioelettrico.
Sono derivazioni a campo vicino quelle generate con l’elettrococleografia dove l’elettrodo è trans timpanico; a campo lontano (ABR e SVR) quelle che vengono registrate con elettrodi di superficie cutanei.
Ovviamente la registrazione, soprattutto in campo lontano, è la grossolana risultante della somma di finissime e precisissime attivazioni neurali della via acustica.
Poiché il rumore di fondo elettroencefalografico della corteccia cerebrale offuscherebbe la rilevazione del potenziale evocato uditivo, l’apparecchiatura sfrutta una strategia chiamata averagingattraverso la quale si ottiene un aumento dell’ampiezza del segnale ed una riduzione39
dell’ampiezza del rumore; in tal modo viene eliminato dal tracciato qualsiasi segnale elettrico che non abbia una correlazione con l’impulso sonoro inviato.
Affinché l’averaging abbia la migliore performance possibile è necessario che il maggior numero di fibre nervose venga eccitato, contemporaneamente e nel minor tempo possibile; a questo scopo possiamo utilizzare stimoli stazionari o transitori. Gli stimoli stazionari, come ad esempio una sinusoide, attivano la membrana basilare solo in una porzione limitata in rapporto alla frequenza della sinusoide stessa. Lo stimolo transitorio, invece, ha la possibilità di eccitare porzioni molto più ampie di membrana basilare con conseguente aumento del numero di fibre nervose attivate, presupposto per un’ottimale averaging. La membrana basilare inoltre subisce uno smorzamento estremamente rapido di conseguenza la maggior parte delle fibre attivate corrisponde a quelle del giro basale dove lo smorzamento è meno evidente: ne risulta che i potenziali che si ottengono corrispondono alle zone di coclea deputate per le alte frequenze (2-4 kHz).
Affinché questa procedura possa essere efficace, la strumentazione richiede numerose correlazioni temporali (circa 1500-2000 per i potenziali al tronco, solo un centinaio per il microfonico cocleare) che le permettono, attraverso un’analisi di tutti i segnali registrati di eliminare tutto ciò e’ casuale e non direttamente correlato allo stimolo inviato; in questo modo il segnale elettrico evocato dallo stimolo sonoro sopravanza l’averaging e si esprime come tracciato che vediamo apparire sullo strumento registrante e che rappresenta la risposta ricercata.
La risposta dei potenziali evocati è costituita da una serie di onde i cui parametri rilevanti sono la latenza assoluta ovvero il tempo che intercorre tra l’inizio dello stimolo e la comparsa del picco, la latenza relativa espressa in millisecondi e misurata a livello dei picchi (positivo o negativo) e la ripetibilità del tracciato.
In base alla latenza i potenziali si distinguono in:
- potenziali first sono rappresentati dall’onda I e II e corrispondono, quando registrati in campo vicino (ovvero con l’elettrococleografia), al potenziale del recettore (microfonico cocleare e potenziale di sommazione) ed al potenziale dell’ottavo nervo cranico (potenziale d’azione).
- potenziali fast rappresentano l’attività dell’ottavo nervo e della via uditiva fino al talamo
- potenziali middle sono generati da attivazioni talamiche e corticali
- potenziali slow sono generati da attivazioni corticali
Elettrococleografia
E’ il potenziale più precoce ed è l’espressione del potenziale d’azione della parte più distale del nervo acustico. E’ utilizzata per lo più in età pediatrica per definire la funzionalità dell’organo periferico e la soglia uditiva per le frequenze comprese tra 1 e 4 KHz ma trova un possibile impiego anche:
- nei soggetti cerebropatici in cui l’ABR a partire dalla III onda è assente ed in cui le onde I e II dell’ABR non sono registrate a causa di patologia trasmissiva.
- nella diagnosi di M. di Ménière durante la fase idropica;
- nella determinazione della via ossea nelle ipoacusie miste bilaterali;
- come risultato intraoperatorio nelle protesi impiantabili sulla finestra ovale e rotonda
- nel corso di interventi chirurgici neuro-otologici.
Non necessita di mascheramento controlaterale essendo una risposta periferica strettamente monoaurale.
Attraverso la tecnica elettrocleografica si possono registrare tre diversi potenziali:
- potenziale microfonico cocleare
- potenziale di sommazione
- potenziale di azione del nervo VIII
Il potenziale microfonico cocleare (MC) è generato dalle cellule cigliate, la cui forma d’onda è simile quella dello stimolo sonoro utilizzato per evocarla. L’ampiezza cresce linearmente rispetto all’intensità dello stimolo e non è quindi soggetto a fenomeni di adattamento. Il microfonico cocleare è evocato da stimoli transitori (click) e presenta un massimo di ampiezza in corrispondenza dei giri basali della coclea, mentre nei giri apicali presenta un potenziale di ampiezza inferiore. In definitiva il MC corrisponde ai movimenti della membrana basilare.
Il potenziale di sommazione (SP) è definito come una variazione di corrente continua con polarità positiva o negativa che perdura per tutta la durata dello stimolo. Quelli di ampiezza superiore alla norma (il rapporto PS/PA e attorno a 0.3, in corso di idrope risulta eccedente 0,5) sembrano essere legati ad un’idrope endolinfatica, come si riscontra ad esempio nella M. di Ménière
Il potenziale di azione (AP) del nervo VIII, contrariamente al MC ed al PS è importante dal punto di vista clinico in quanto fornisce informazioni attendibili sulla soglia uditiva. E’ generato dalla somma delle risposte sincrone di migliaia di singole fibre nervose situate nel giro basale della coclea. E’ caratterizzato da un picco ampio a polarità negativa (N1) che corrisponde all’onda I dell’ABR e un secondo picco a polarità negativa (N2) che equivale all’onda II dell’ABR.
Per ottenere una stimolazione massiva in termini di popolazione neurale e sincrona dell’attivazione delle fibre neurali, viene utilizzato uno stimolo che abbia una durata estremamente breve (0.1-0.2 msec) ed un contenuto frequenziale il più alto possibile; queste sono appunto le caratteristiche tipiche del click a polarità alternata o in rarefazione/condensazione con cadenza di 5-11 stim/s con intensità di 75-95 dB SPL. Il tempo di analisi è di 0-5 ms., il segnale viene filtrato con filtri passabanda 3-3000Hz.
Al fine di registrare questi potenziali sono necessari tre elettrodi dei quali uno è preso come punto di riferimento elettrico, un altro è posto a livello dello zigomo omolaterale alla registrazione e infine un terzo elettrodo è posto in estrema vicinanza della coclea. A tal fine occorre introdurre attraverso la MT, un piccolo elettrodo ad ago che viene appoggiato sul promontorio ovvero in corrispondenza del giro basale della coclea. La registrazione è la risultante della differenza di potenziale registrato tra l’elettrodo posto sullo zigomo e quello sulla coclea avendo come punto di riferimento l’elettrodo di terra. Ovviamente nei bambini tale procedura sebbene minimamente invasiva deve essere condotta in anestesia generale, mentre nel paziente adulto è sufficiente un’anestesia locale. Nessun danno alla MT è riportato in letteratura per l’infissione di un ago.
Il click che evoca la risposta elettrococleografica può essere somministrato in tre modi:
- Per via acustica mediante un altoparlante posto nel condotto uditivo esterno
- Tramite l’attuatore di una protesi impiantabile come ad esempio l’FMT (Floating Mass Transducer) del Vibrant Soundbridge
- Per via ossea inviando la stimolazione attraverso un vibratore. Questa applicazione è utilizzata quando il rilievo della via ossea è dubbia soprattutto nei casi di patologie dell’orecchio medio bilaterali. L’intensità massima erogata per i vibratori tradizionali è pari a 55-60 dB HL e questo rappresenta un limite della metodica.
ABR (auditory brainstem responses)
L’ABR è sicuramente la metodica più utilizzata tra tutti i potenziali uditivi evocati; consta di tre fasi: una fase di stimolo, una di rilevazione e una di calcolo. A secondo di cosa è nostro oggetto di indagine è possibile intervenire su tutte e tre le fasi dell’esame. I potenziali evocati uditi del tronco encefalico sono rappresentati da 5 onde rappresentate da numeri romani: I,II,III,IV,V separate tra loro da un intervallo di circa 1 ms. Talvolta si può apprezzare anche l’onda VI e VII. Compaiono entro i primi 7-8 msec. dall’invio dello stimolo. Il tracciato studia la via acustica compresa fra il nervo acustico e a regione sotto-talamica.
L’onda prima corrisponde alla parte distale del nervo acustico, la seconda dalla parte prossimale del nervo (giunzione bulbo-pontina), la terza ai nuclei cocleari ipsilaterali ed in parte del complesso olivare superiore e nuclei del corpo trapezoide controlaterali; il complesso IV e V rappresentano l’attività del leminsco laterale all’ingresso del collicolo inferiore controlaterale, mentre l’onda V corrisponderebbe a potenziali del collicolo inferiore. Le onde VI e VII sembrano generate dal corpo genicolato mediale. l’’intervallo III-I rappresenta il tempo di conduzione bulbo-pontino; quello V-III il tempo di conduzione ponto-mesencefalico. Questa sequenza di attivazione in realtà non risponde al vero in quanto ogni singola deflessione sembra piuttostoso essere la risultante dell’attivazione di popolazioni neurali multiple.
La risposta viene ottenuta con stimoli inviati in numero di 1500-2000; l’attività bioelettrica viene registrata attraverso registrazione a “campo lontano” applicando elettrodi di superficie (vertice-mastoide). Al vertice viene posizionato l’elettrodo attivo, sulla mastoide quello di riferimento; la risposta viene elaborata attraverso funzioni di averaging del segnale comprendenti amplificazione e filtraggio. Si utilizzano stimoli attraverso cuffia o vibratore osseo e consistono in clicks filtrati; la cadenza di stimolazione varia a seconda dello scopo dell’esame. Il segnale può esser filtrato con filtri passabanda (20-5000 Hz) se si desidera aver una maggior risoluzione dell’onda V a livelli vicini della soglia o eliminando le basse frequenze (200-2000 Hz) se si desidera una miglior definizione di tutte le onde. Man mano che la stimolazione scende sotto i 90 dBHL le onde diminuiscono in ampiezza ed aumentano in latenza; l’onda più resistente è l’onda quinta che permane sino a circa 10 dB HL sopra la soglia uditiva ed è il parametro più attendibile per la definizione della soglia audiometrica. L’intervallo fra i picchi I e V rappresenta il tempo di conduzione tronco encefalica. La banda di frequenza che l’ABR riesce a studiare è compresa tra i 2000 e 4000 Hz. Con soglie superiori a 90 dB HL non è possibile identificare l’esatta soglia audiometrica.
I campi di utilizzo dell’ABR sono:
- diagnosi di sordità infantile e maturazione delle vie uditive
- determinazione oggettiva della soglia uditiva
- topodiagnosi uditiva: diagnosi di ipoacusia trasmissiva, in cui si osserverà un aumento di latenza di tutti i picchi con normalità dell’intervallo V-I; diagnosi di ipoacusia retrococleare ove si osserverà come per le ipoacusie trasmissive un aumento di tutti i picchi con un aumento però dell’intervallo V-I; diagnosi di ipoacusia cocleari in cui si osserva un innalzamento della soglia dell’onda V in base alla perdita uditiva, ma con valori di latenza normali
- diagnosi di patologie centrali
- monitoraggio intraoperatorio del nervo VIII e delle strutture troncoencefaliche in fase di interventi neurochirurgici ed otoneurochirurgici sul tronco cerebrale e sull’angolo pontocerebellare.
Utilizzato nella valutazione della funzionalità degli impianti cocleari.
SVR (Slow Vertex Responses): potenziali a latenza lunga
E’ la metodica più utilizzata nella diagnosi di ipoacusia professionale.
La risposta è costituita dal complesso P1-N1-P2-N2 è evocata da qualsiasi stimolo acustico ed è in correlazione con l’attivazione delle aree corticali primarie e secondarie. Si evidenziano in una finestra temporale da 50 a circa 1000 ms. Mentre i potenziali precoci (fast) sono dipendenti dalle proprietà acustiche dello stimolo , i potenziali tardivi (slow) sono influenzati dai processi cognitivi e dalla vigilanza. Lo studio dei potenziali a latenza lunga necessitano di strumentazione più complesse rispetto ai potenziali a latenza inferiore (ABR) si può registrare il potenziale da più di 20 posizioni diverse sullo scalpo. L’uso di derivazioni e di software permettono di studiare l’area di attivazione dei potenziali nell’encefalo. Nella generazione di N1 partecipano diversi dipoli ed attivabili contemporaneamente con lieve differenze a seconda dell’orecchio stimolato assieme alle componenti più tardive (P2-N2) è influenzata a variazioni dei livelli di attenzione. L’ampiezza di N1 cresce linearmente con l’intensità degli stimoli fino a 70-80 dB, mentre per intensità più elevate tende alla saturazione inoltre l’ampiezza è particolarmente sensibile alla cadenza dello stimolo. Passando dalla sonnolenza al sonno profondo le componenti P1 e N2 possono non esser distinte mentre le componenti P2 e N2 possono aumentare sia di latenza, che di ampiezza.
L’applicazione principale dell’SVR è la determinazione della soglia audiometrica oggettiva ed infatti è possibile ottenere una buona correlazione tra soglia audiometrica e soglia SVR solo a condizione che l’attenzione del soggetto sia diretta attivamente sullo stimolo.
Otoemissioni acustiche
Sono segnali acustici, spontanei o evocati, emessi dalle cellule cigliate esterne dell’organo del Corti che scompaiono nelle ipoacusie superiori a 40 dB; ne esistono diversi tipi ma quelle di utilizzo nella pratica clinica sono quelle evocate . Sono evocate in due modi:
- da click (TEOAE)
- da toni puri di diversa intensità e frequenza inviati alla coclea in modo simultaneo; sono i c.d. prodotti di distorsione (DPOAE)
Le otoemissioni acustiche rivestono un ruolo di fondamentale importanza nello studio delle sordità dell’infanzia e pertanto non sono argomento di trattazione nel presente lavoro.
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