Le protesi dell’orecchio esterno
Da sempre l’ingegno dell’uomo ha tentato di ovviare il problema dell’ipoacusia. Senza entrare nell’interessante mondo dell’evoluzione storica degli ausili uditivi ci vogliamo soffermare sui presidi di ultima generazione disponibili oggi in commercio e descriverne le peculiarità. Secondo il Nomenclatore Tariffario delle Protesi, per apparecchio acustico si intende “un dispositivo esterno indossabile avente la funzione di amplificare e/o modificare il messaggio sonoro, ai fini della correzione qualitativa e quantitativa del deficit uditivo conseguente a fatti morbosi congeniti o acquisiti, avente carattere di stabilizzazione clinica.”.
Gli apparecchi acustici possono essere:
- analogici
- analogici digitalmente programmabili
- digitali
Gli apparecchi analogici, come quelli digitalmente programmabili, sono oggi da considerare obsoleti e di scarso interesse, pertanto non saranno presi in considerazione in questa trattazione.
Gli apparecchi digitali
L’apparecchio acustico è a tutti gli effetti, un dispositivo terapeutico ed è costituito da:
- un microfono che capta la vibrazione delle molecole d’aria dell’onda sonora e la trasforma in un segnale elettrico analogico;.
- una batteria che non solo alimenta tutto il sistema, ma contribuisce alla qualità e alla potenza del segnale dall’ingresso all’uscita. Maggiore è la quantità di energia che la batteria può mettere a disposizione, migliori sono le performance dell’apparecchio. Oggi la quasi totalità delle pile utilizzate negli apparecchi acustici è del tipo zinco-aria;
- un amplificatore che elabora il segnale, lo “tratta” e lo amplifica;
- un altoparlante chiamato (impropriamente) ricevitore, che ha il compito opposto al microfono, ovvero deve trasformare il segnale elettrico che arriva dall’amplificatore in un’ onda pressoria che possa sollecitare la membrana timpanica (se integra) e/o l’orecchio medio.
In base all’indossabilità distinguiamo gli apparecchi acustici che agiscono sull’orecchio esterno in:
- ad occhiale a conduzione aerea
- retroauricolare (BTE acronimo di behind the ear)
- endoauricolari ITE (acronimo per “in the ear”)
Due sono le tappe che hanno letteralmente rivoluzionato il settore audioprotesico negli ultimi 10 anni: la digitalizzazione del suono e l’ applicazione con accoppiamento “open”.
L’onda sonora è stata trasformata in segnale digitale (numeri binari) che può essere elaborato da un microprocessore. La tecnologia digitale permette, infatti, di scomporre il suono in entrata in “sequenze acustiche”, con la possibilità di enfatizzare, istante per istante, solo quelle inerenti la voce di conversazione, attenuando o eliminando le sequenze inerenti il rumore. Ad esempio i suoni delle consonanti (sulle frequenze medio-acute ed acute) sono di fondamentale importanza per la comprensione delle parole ma, l’amplificazione delle frequenze acute, che riguardano in modo specifico le consonanti ed altre componenti sonore, può purtroppo comportare anche l’innescarsi del feedback acustico, percepito come fischio dell’apparecchio. La tecnologia digitale ha permesso, tra l’altro, il riconoscimento istantaneo da parte dell’apparecchio del fischio e di conseguenza la sua immediata soppressione con minima riduzione del volume complessivo (guadagno). “Digitale” quindi significa attivare nell’apparecchio acustico, così come si fa nel computer, una serie di programmi che ottimizzano le funzioni quotidiane più comuni: la riduzione del rumore del traffico e del brusio vocale, dei rumori impulsivi improvvisi, del vento, la localizzazione della provenienza dei differenti suoni…ecc. Tutte queste funzioni possono anche autoattivarsi, rendendo l’utilizzatore libero da comandi e controlli, o memorizzarsi all’interno dell’apparecchio acustico; un livello ulteriore di sofisticazione prevede che lo stesso apparecchio possa autoapprendere le funzioni ricorrenti e impostare alcuni parametri in autonomia. In sintesi le caratteristiche degli apparecchi digitali sono:
- Massima adattabilità alle esigenze del singolo utilizzatore.
- Totale riprogrammabilità in seguito a variazione dei quadri audiometrici, a cambi di abitudini di vita della persona o all’utilizzo di nuovi software da parte delle case costruttrici.
- Massima qualità dei componenti elettronici che si traduce in affidabilità del dispositivo inalterata nel tempo.
- miglioramento della qualità sonora e comprensione della conversazione sia in ambiente silente sia nel rumore che è quello che più interessa ai pazienti.
Gli apparecchi acustici di ultimissima generazione quando indossati bilateralmente possono essere connessi tra di loro con tecnologia wireless; in tal modo le informazioni acustiche provenienti dai due lati sono coordinate al fine di non annullare le piccole differenze di tempo e intensità esistenti tra i due lati del capo, requisito fondamentale per un riconoscimento spaziale e quindi direzionale del suono. La comunicazione tra i due apparecchi porta anche ad avere disponibili nuove tecnologie microfoniche direzionali, molto più specifiche e selettive rispetto al passato, fondamentali in ambienti difficili dove il brusio di fondo è dominante. Da non trascurare, inoltre, che il collegamento wireless non avviene solo tra i due apparecchi ma anche con l’ambiente esterno, garantendo all’utilizzatore una connessione permanente con tutti gli strumenti audio e video di ultima generazione che sono la TV, gli iPad, gli smartphone, i GPRS, le play-station ecc. Le aziende produttrici ci rassicurano sul fatto che lo sviluppo costante della tecnologia ha già portato e porterà ancor di più in un futuro prossimo, alla possibilità di trattare con risultati validi anche soggetti con ipoacusie profonde, grazie ad amplificazioni ed algoritmi specifici. Il vero problema, a nostro avviso, è la riserva cocleare dell’orecchio del paziente che limita la possibilità di amplificazione a causa del modesto range dinamico che hanno i pazienti con sordità profonda. La compressione frequenziale, che ottimizza l’identificazione delle frequenze acute, ha comunque già garantito un miglioramento dell’ascolto a tutti i soggetti ipoacusici, compresi quelli con ipoacusie gravi e profonde.
Gli apparecchi digitali “open”
L’altra caratteristica che ha rivoluzionato il mondo protesico è la cosiddetta tecnologia open. Vengono prodotti attualmente dei piccolissimi apparecchi retro auricolari che convogliano il segnale digitale attraverso un sottilissimo tubicino di silicone in prossimità della membrana timpanica. Questo tubicino è tenuto in sede da una piccola cupola di materiale siliconico.
La tecnologia open ha in gran parte risolto 3 dei disturbi più fastidiosi per i portatori di apparecchio acustico:
- l’occlusione del CUE
- l’effetto larsen
- le infezioni ricorrenti dell’orecchio esterno
L’occlusione del CUE provoca una variazione dell’acustica naturale dell’orecchio esterno, con una ricaduta di effetti negativi. Innanzitutto viene persa la risonanza acustica naturale dell’orecchio, importante fonte di informazioni acustiche e di stimolazione sonora nella banda 2-3 kHz. Inoltre l’occlusione causa un’eccessiva amplificazione delle frequenze gravi e conseguente sensazione di rimbombo (autofonia).
L’effetto larsen (fischio della protesi) è provocato da un “ritorno di suono” dal ricevitore al microfono, spesso imputabile ad una scarsa tenuta dell’accoppiamento acustico, chiocciola o guscio che sia. In teoria la cupoletta degli apparecchi open è ad altissimo “rischio larsen” , ma specifici algoritmi monitorano il percorso del suono e annullano o attenuano i fastidiosi fischi.
Le Infezioni del CUE: il condotto uditivo esterno è un canale chiuso ad una estremità (dal versante della MT) abbastanza lungo, buio, ricoperto da cute, molto vascolarizzato e abbondante in ghiandole sudoripare. Ne deriva che al suo interno si sviluppa un microclima caldo-umido che già di per se rappresenta un terreno ideale per la crescita di qualsiasi agente patogeno. L’utilizzo quotidiano dell’apparecchio acustico endoauricolare o della chiocciola se si tratta di un BTE può peggiorare drammaticamente lo stato di quest’ambiente già di per se portato ad infezioni ricorrenti costringendo in questi casi i pazienti a lunghi periodi di terapie mediche e di assoluta impossibilità di indossare la protesi. Le applicazioni open hanno ovviato a questa criticità, permettendo l’aerazione del condotto uditivo e, al tempo stesso, l’amplificazione acustica.
In definitiva i vantaggi delle applicazioni open digitali possono essere ricondotte a
- applicabilità nelle ipoacusie percettive o miste lievi, moderate e medio-gravi
- drastica riduzione delle infezioni del CUE
- scomparsa dell’occlusione
- buona qualità sonora
- adattabilità della protesi alle abitudini ed allo stile di vita dei pazienti
- possibilità di connessioni wireless ai comuni apparecchi elettronici (cellulari, mp3, tv, ecc)
- possibilità di protesizzazione binaurale a tutto vantaggio delle performance complessive sulla funzione uditiva
- soppressione dell’effetto larsen
I limiti attuali sono d’altro canto riconducibili a:
- scarso o nullo beneficio nelle sordità gravi e profonde
- scarso rendimento e qualità sonora nelle patologie croniche dell’orecchio medio specie se bilaterali.
Un’evoluzione recente delle applicazioni Open è consistita nell’”estrarre” il ricevitore (che, ricordiamo, è l’altoparlante della protesi) dallo chassis dell’apparecchio e inserirlo direttamente nel condotto uditivo esterno, collegandolo ad una cupoletta, standard o personalizzata, analoga a quella utilizzata negli apparecchi Open. I vantaggi aggiuntivi a quanto già visto per gli Open sono numerosi:
- massima efficienza del sistema grazie all’accoppiamento diretto tra ricevitore e condotto uditivo
- minore manutenzione grazie all’eliminazione del tubicino di trasferimento del suono, sostituito da un minuscolo filo elettrico
- versatilità del sistema grazie alla possibilità di sostituire ricevitori con differenti potenze (in modo istantaneo) mantenendo il medesimo “corpo macchina”
- ampliamento dei campi dinamici trattabili
La fioritura costante di nuove tecnologie, e l’utilizzo estremo della tecnologia in senso lato, può far correre il rischio di perdere l’orientamento verso il vero obiettivo della rimediazione protesica, che non è l’orecchio ma la persona che, a fronte di una necessità specifica di comunicazione, richiede una soluzione a misura delle proprie e personali esigenze.La più recente classificazione OMS 2001 relativamente allo stato di salute della persona (ICF) ha sostituito i concetti di Impairment, Disability ed Handicap con quelli più politically correct ed ecumenici di Funzione, Attività e Partecipazione. Alla luce di quest’altra rivoluzione copernicana, è assolutamente imprescindibile conoscere con esattezza non solo l’anomalo funzionamento dell’apparato uditivo e la soluzione digitale tecnicamente adatta ma anche e soprattutto le attività quotidiane della persona, allo scopo di permettere la sua partecipazione nel proprio ambito sociale e personale (stili di vita). Il professionista audioprotesista dovrà perciò adottare e seguire un protocollo tecnico applicativo validato e riproducibile, che comprenda aspetti motivazionali, valutativi e di beneficio.
Nuova frontiera nelle protesi acustiche
Vivo interesse stanno suscitando tra l’opinione pubblica e nel mondo audioprotesico gli apparecchi pretimpanici o con microfono nel condotto (MIC). Si tratta di device di dimensioni estremamente contenute (circa 15 mm di lunghezza) inseriti nel condotto uditivo esterno ad una distanza molto ridotta dalla MT; in questo punto del condotto uditivo esterno sono presenti scarse ghiandole ceruminose e/o peli e pertanto sono meno soggette a creare reazioni avverse nella cute del condotto. La loro vicinanza alla MT fa si che richiedano una piccola amplificazione per ottenere il risultato desiderato a fronte quindi di un basso consumo di energia.
Gli apparecchi pretimpanici sono indicati per ipoacusie di entità lieve o moderata.
Uno di essi ha la particolarità di essere monouso: può essere indossato ininterrottamente per circa 3 mesi (nessun cambio batteria in questo lasso temporale) senza necessità di rimuoverlo nelle comuni attività quotidiane quali il sonno, la doccia, l’ascolto di musica con gli auricolari ecc. Non necessita di impronta in quanto dotato di una cupola dedicata in materiale simil-schiumoso che si adatta alla conformazione del condotto uditivo esterno.
BIBLIOGRAFIA
- A.VV: Understanding digitally programmable hearing aids. Robert E. Sandlin Editor, 1994
- Aliprandi, Arpini A.: Protesi acustica e terapia protesica. Ghedini Ed., 1984
- Arpini A.: Storia
- Burdak S.: Clinical Results with the six microphone Radiant Beam Array. Audiology Online, 2002
- Cotrona U., Livi W.: L’adattamento degli Apparecchi Acustici. Ed. Oticon, 2006
- Dillon H.: Hearing Aids. Thieme Ed., 2001
- Moore BC, Huss M, Vickers DA, Glasberg BR, Alcantara JL. Atest for the diagnosis of dead regions in the cochlea. Br J Audiol 2000;34:205-24